IL MONDO COME SACRAMENTO
Una visione teologica della creazione
- Introduzione
È un privilegio speciale e un piacere unico ricevere il Dottorato Honoris Causa dalla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale. Siamo profondamente grati a Sua Eminenza il Cardinale Giuseppe Betori, Arcivescovo di Firenze e Gran Cancelliere di questa illustre scuola e facoltà.
Rivolgendoci alla vostra assemblea di eminenti amministratori, professori esperti e studenti diligenti, insieme a stimati ospiti e amati amici, vorremmo introdurre e presentare tre importanti testi emanati dai circoli sinodali e teologici ortodossi negli ultimi anni. In particolare, ci riferiamo a due decisioni emesse dal Santo e Grande Concilio della Chiesa ortodossa tenutosi a Creta (nel giugno 2016) e a un documento emesso dal Patriarcato ecumenico (nel gennaio 2020), intitolato Per la Vita del Mondo. I primi due testi fanno parte dello storico incontro di vescovi, clero e consiglieri, programmato da quasi un secolo e che ha costituito un evento unico nella vita della Chiesa ortodossa dell’ultimo millennio. Il terzo è il frutto delle deliberazioni di una commissione nominata dal Patriarcato ecumenico, comprendente clero e laici, uomini e donne, teologi e studiosi, provenienti da tutto il mondo.
- Teologia ed Ecologia
Come tutti voi certamente sapete, negli ultimi decenni abbiamo costantemente e coscienziosamente dedicato gran parte del nostro ministero alla sensibilizzazione sull’urgente crisi del cambiamento climatico. In effetti, il nostro predecessore, il defunto Patriarca ecumenico Demetrios, già nel 1989 aveva dichiarato il 1° settembre come giornata di preghiera per la creazione di Dio (il Creato), un’iniziativa che è stata abbracciata da numerose organizzazioni ecumeniche (tra le quali il Consiglio Mondiale delle Chiese e la Conferenza delle Chiese Europee) e da importanti comunità ecclesiastiche (tra le quali la Chiesa Cattolica Romana e la Comunione Anglicana).
In quest’ottica, quindi, il Patriarcato ecumenico si è dimostrato un pioniere nel campo della salvaguardia del pianeta e delle sue risorse, organizzando conferenze ecologiche, mobilitando i propri fedeli e soprattutto i giovani, promuovendo la tutela dell’ambiente come tema centrale ed essenziale del dialogo interreligioso, dialogando e convincendo i leader politici e le istituzioni, nonché collaborando con le organizzazioni ambientaliste e i movimenti ecologici.
Ciò che forse la maggior parte delle persone non sa è che le attività ambientali del Patriarcato ecumenico non sono principalmente il risultato di priorità politiche, commerciali o addirittura di moda. Infatti, il nostro impegno e la nostra convinzione ambientali sono un’estensione organica della nostra autocoscienza ecclesiologica e non sono una semplice reazione di circostanza a un fenomeno relativamente moderno. Questo perché crediamo che la vita stessa della Chiesa sia un’ecologia applicata. I sacramenti della Chiesa, la sua intera vita di culto, la sua ascesi e la sua vita comunitaria, la vita quotidiana dei suoi fedeli, esprimono e generano il più profondo rispetto per il Creato. La sensibilità ecologica dell’Ortodossia non è stata creata, ma è emersa dalla crisi ambientale contemporanea. La lotta per la salvaguardia del Creato è una dimensione vitale e fondamentale della nostra fede. Il rispetto per l’ambiente è un atto di dossologia del nome di Dio, mentre la distruzione del Creato è un’offesa al Creatore, del tutto inconciliabile con i principi fondamentali della teologia cristiana.
- Documenti esemplari
In questo contesto, dunque, il Concilio di Creta ha dichiarato nella sua Enciclica formale che:
Le radici della crisi ecologica sono spirituali ed etiche, insite nel cuore di ogni uomo. Questa crisi si è acuita negli ultimi secoli a causa delle varie divisioni provocate dalle passioni umane – come l’avidità, l’avarizia, l’egoismo e l’insaziabile desiderio di avere di più – e dalle loro conseguenze sul pianeta, come nel caso del cambiamento climatico, che oggi minaccia in larga misura l’ambiente naturale, la nostra “casa” comune. La rottura del rapporto tra uomo e creazione è una perversione dell’uso autentico della creazione di Dio. L’approccio al problema ecologico sulla base dei principi della tradizione cristiana richiede non solo il pentimento per il peccato dello sfruttamento delle risorse naturali del pianeta, cioè un cambiamento radicale di mentalità e di comportamento, ma anche l’ascesi come antidoto al consumismo, alla deificazione dei bisogni e all’atteggiamento acquisitivo. (Sezione V, paragrafo 14)
Inoltre, nel suo documento “La missione della Chiesa ortodossa nel mondo d’oggi”, il Gran Consiglio ha affermato:
La crisi ecologica, legata ai cambiamenti climatici e al riscaldamento globale, impone alla Chiesa di fare tutto ciò che è in suo potere spirituale per proteggere la creazione di Dio dalle conseguenze dell’avidità umana. Come gratificazione dei bisogni materiali, l’avidità porta all’impoverimento spirituale dell’essere umano e alla distruzione dell’ambiente. Non dobbiamo dimenticare che le risorse naturali della terra non sono di nostra proprietà, ma del Creatore: Del Signore è la terra e quanto contiene, l’universo e i suoi abitanti. (Sal 23 (24),1). Pertanto, la Chiesa ortodossa enfatizza la protezione del Creato attraverso la formazione della responsabilità umana per il nostro ambiente donato da Dio e la promozione delle virtù della frugalità e dell’autocontrollo. Siamo obbligati a ricordare che non solo le generazioni attuali, ma anche quelle future hanno il diritto di godere dei beni naturali concessi a noi dal Creatore. (Sezione F, paragrafo 10)
Dopo il Santo e Grande Concilio, il Patriarcato Ecumenico ha ufficialmente nominato una commissione per redigere un documento sulle sfide sociali e le implicazioni della nostra fede nel mondo contemporaneo. Pubblicato poco prima dello scoppio della pandemia che ha mietuto così tante vittime in tutto il pianeta, Per la Vita del Mondo: Verso un Ethos Sociale della Chiesa Ortodossa ci incoraggia:
A Essere grati per – e accettare – le scoperte delle scienze, anche quelle che potrebbero occasionalmente costringere a rivedere la propria comprensione della storia e della struttura della realtà cosmica. Il desiderio di conoscenza scientifica scaturisce dalla stessa sorgente del desiderio della fede di entrare sempre più profondamente nel mistero di Dio. (Paragrafo 71)
Inoltre, il documento insiste sul fatto che è nostro obbligo personale, davanti a Dio, al prossimo e al resto della creazione, assumerci la responsabilità della crisi ambientale. Così, il documento ci ricorda:
Siamo creature dipendenti, creature sempre in comunione, e quindi siamo anche moralmente responsabili non solo per noi stessi o per coloro che influenziamo o colpiamo immediatamente, ma per l’intero ordine creato – l’intera città del cosmo, per così dire. (Paragrafo 76)
Pertanto, “la responsabilità dei cristiani in questo mondo, … nel cercare di trasfigurare la natura decaduta al servizio del Regno, implica una vera e propria responsabilità nei confronti dell’intera creazione e una preoccupazione incessante per la sua integrità e la sua fioritura”. (Paragrafo 68)
- Un teologo modello
Solo di recente la Chiesa ortodossa ha perso uno dei suoi teologi più innovativi e lungimiranti, Sua Eminenza il Metropolita Giovanni [Zizioulas] di Pergamo, che è stato senza dubbio il principale portavoce del Patriarcato ecumenico. E naturalmente il suo coinvolgimento ecumenico nei dialoghi teologici ufficiali tra la Chiesa ortodossa e le Chiese cattolica e anglicana ha lasciato un’eredità duratura.
Tuttavia, mentre il mondo conosceva il defunto Metropolita Giovanni come un pensatore all’avanguardia su questioni quali la personalità e il sacerdozio, nonché la conciliarità e la comunione, egli è stato anche uno degli intellettuali più influenti sul rapporto tra ecologia e teologia già dalla fine degli anni Sessanta. Ha anche presieduto il Comitato religioso e scientifico istituito nel 1994 per promuovere una conversazione interdisciplinare e interreligiosa sul degrado ambientale, esplorando al contempo le implicazioni più ampie di una visione compassionevole per tutto il Creato. Ha infatti rappresentato il Patriarcato ecumenico alla presentazione dell’enciclica papale Laudato Si’ nel giugno 2015.
Per il Metropolita Giovanni, è impossibile non riferirsi a Dio senza fare implicitamente o esplicitamente riferimento al mondo. L’importanza e l’implicazione di ciò, è che la crisi ecologica è essenzialmente un problema spirituale. Il peccato ecologico è un’azione sbagliata nei confronti di altri esseri umani e delle generazioni future. Allo stesso tempo, la crisi ecologica va di pari passo con l’ingiustizia sociale. Il Metropolita Giovanni parla di “un’ascesi ecologica”, facendo eco ai grandi mistici e contemplativi che sperimentavano una sensibilità e una solidarietà con tutta la creazione. L’ascetismo umile è un antidoto all’arroganza umana nei confronti del resto della creazione. In questo senso, l’ascesi è concepita come una vita di coesistenza con tutte le creature, grandi e piccole, e di condivisione della sofferenza di tutte le creature, umane e non umane.
In quest’ottica, il defunto metropolita ha sviluppato quella che abbiamo più volte sottolineato come la “dimensione eucaristica” della cura del creato, proponendo la nozione di “sacerdozio” come l’elemento più appropriato e quintessenziale che definisce il rapporto dell’uomo con il Creato. Invece di agire semplicemente come gestore o proprietario della creazione, l’uomo è chiamato a servire come sacerdote e offerente, proprio come il presbitero offre il mondo a Dio in un atto di glorificazione e ringraziamento. È questa visione del Metropolita Giovanni che è stata adottata nell’Enciclica del Grande Concilio, che concludeva:
Essa presuppone anche la nostra più grande responsabilità di tramandare alle generazioni future un ambiente naturale vitale e di utilizzarlo secondo la volontà e la benedizione divina. Nei sacramenti della Chiesa, la creazione è affermata e l’uomo è incoraggiato ad agire come amministratore, protettore e “sacerdote” della creazione, offrendola come dossologia al Creatore – “Il tuo proprio del tuo proprio ti offriamo in tutto e per tutto” – e coltivando una relazione eucaristica con la creazione. (Sezione V, paragrafo 14)
- Conclusione
Cari amici, abbiamo ripetutamente affermato che la crisi che stiamo affrontando nel nostro mondo non è principalmente ecologica. È una crisi che riguarda il modo in cui percepiamo il mondo. Stiamo trattando il nostro pianeta in maniera empia perché non lo vediamo come un dono ereditato dall’alto. Tuttavia, è nostro obbligo ricevere, rispettare e restituire questo dono a Dio per il bene delle generazioni future.
Questa è la fonte del nostro ottimismo. Questo mondo e l’ambiente naturale – la foresta, l’acqua, la terra, tutte le risorse del pianeta – appartengono a tutte le generazioni. I nostri figli hanno diritto a un mondo migliore e più luminoso; un mondo libero dal degrado, dalla violenza e dallo spargimento di sangue; un mondo di generosità e di amore.
Ecco come la teologia può contribuire e aprire la strada verso il futuro. E questa è la preghiera sincera con cui vi lasciamo. Che Dio vi benedica in questo sacro e nobile compito. Grazie.